Città della Pieve, M5S, il nuovo Municipio

I Comuni, piccoli o grandi che siano, costituiscono per l’italiano la base della sua identità. Come per il francese la Repubblica e per il tedesco la legge. Al punto che, se i Comuni venissero meno, verrebbe meno la stessa unità italiana In più, si sente spesso definire i Comuni come “Enti esponenziali della democrazia”.

Se questo fosse fondato, che dire del fenomeno dei servizi comunali esternalizzati, o affidati al mercato tramite spa(non importa se a capitale totalmente pubblico o pubblico-privato)? Chi governa chi? I mercati o gli organi comunali? Questa deriva fa si che si adotti sempre più il modello delle contee statunitensi: i Comuni diventano mera espressione geografica.

Leggendo i dati sui recenti tagli finanziari ai Comuni, si comprende che gli strateghi di questo processo- in primis il mercato e a seguire tutte le forze politiche – sono partiti dal loro punto più debole: i piccoli Comuni. Essi sanno che i piccoli comuni rappresentano l’80% del territorio nazionale. Che altro può significare l’abbandono di chi ha il governo dell’80% del territorio nazionale, se non la conferma di cambiamenti epocali?
Per non parlare del micidiale attacco alla democrazia perpetrato con l’elezione diretta dei sindaci e l’attribuzione agli stessi di poteri tali da fare impallidire quelli dei podestà fascisti. Questa strategia ha fatto sì che ad oggi i Consigli Comunali valgano come il due di picche. Un aggravante è manifestato dalla scelta dello stesso modello nelle Regioni: elezione diretta dei ‘governatori’ e il loro potere di scioglimento dei Consigli Regionali.

Ci chiediamo: come fanno certi partiti a tuonare contro il premierato a livello nazionale e poi, a livello comunale e regionale dare via libera alla decapitazione della democrazia consiliare? Hanno un bel scrivere i costituzionalisti, che si sta abbandonando la democrazia!

Quando si perde questa bussola a livello comunale (l’abbiamo persa dal 1993 con l’introduzione dell’elezione diretta dei sindaci, o dei super podestà), perché stupirsi se la gente, davanti a recenti scelte che editorialisti di fama hanno definito di regime, non reagisce?
Si vadano a leggere gli “statuta” dei liberi Comuni; dei c.d. Comuni-stato del 1300, 1400, 1500. Si veda la consistenza dei loro Gran Consigli. Si compari poi il numero dei loro Consiglieri con quello dei nostri Consigli Comunali. E i loro poteri con quelli dei nostri Consigli Comunali. Il numero elevato dei Consiglieri del Gran Consiglio in alcuni piccoli Comuni delle Marche, dell’Umbria, della Toscana nel 1500 ha o no un significato “partecipativo”?

C’è un unico possibile raccordo, tra quei Comuni-stato e oggi. E’ attraverso la partecipazione, adottando strumenti come il Bilancio Partecipativo. Vale a dire con l’ampliamento, negli enti locali, della democrazia diretta. Anche se, anche in questa materia, si è diffusa la confusione tra rafforzamento dei momenti partecipativi meramente consultivi e momenti partecipativi a contenuto decisionale dei cittadini.
Non si può parlare di Bilancio Partecipativo se non c’è, negli Statuti Comunali, la restituzione di poteri decisionali, reali, ai cittadini. Poteri vincolanti gli organi di governo.

E’ sorprendente cogliere, dietro certi ripieghi, anche una sorta di paura della democrazia. E’ sorprendente scoprire di quanto si sia impoverita nei nostri cittadini la forte identità di un tempo che li legava al Comune di appartenenza, intendendo con “Comune” la realtà istituzionale. Dovrebbe essere un legame unico, inconfondibile, indelebile. Ma altro è oggi il rapporto tra il cittadino e il palazzo municipale: è come se il Municipio fosse finito in mano di altri. Quanti infatti hanno avuto modo di toccare con mano fino a che misura elevata, le forze politiche, e le burocrazie si sono come impossessate dei palazzi municipali?

E’ da questa constatazione che in Italia si va diffondendo il Bilancio Partecipativo. Il suo contenuto più originale è di essere un tentativo di ‘restituzione’ al cittadino di quello che un tempo era suo: il potere all’interno del palazzo municipale – palazzi tra l’altro bellissimi – e parliamo di poteri reali, da inserire negli Statuti Comunali, così che i cittadini, i quartieri, le frazioni abbiano potere decisionale e non meramente consuntivo.

Persa la democrazia municipale, l’estinzione dei Comuni ne e’ l’ovvia conseguenza. Non sarebbe la prima volta nella quasi millenaria storia comunale. L’unico antidoto a questo scenario sarebbe una forte iniezione di democrazia prima e, per i piccoli Comuni, il loro accorpamento. A chi contesta adducendo la tendenza italiana al forte campanilismo rispondiamo che probabilmente, davanti ai reali rischi di estinzione, sarà proprio questo campanilismo che potrà dare la forza – ce ne vuole molta – per allearsi, fino a fondersi, con altri piccoli Comuni.

E’ quanto si va verificando. I veri ostacoli, ricordiamolo, sono la perdita di democrazia e la cessione degli enti territoriali alle logiche del mercato, che, attraverso le società di capitali e le partecipate, producono la privatizzazione dei servizi di interesse generale, divenendo i principali regolatori della società civile.

M5S Città della Pieve

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