
Cassazione: non era incapace di intendere e di volere
La Corte di Cassazione ha reso definitiva la condanna a 16 anni per la 48enne ungherese riconosciuta colpevole dell’omicidio del figlio Alex Juhasz, di nemmeno tre anni, avvenuto il 1° ottobre 2021 a Po’ Bandino, nel comune di Città della Pieve. I giudici hanno stabilito che l’imputata non era incapace di intendere e di volere al momento del fatto, ma affetta da vizio parziale di mente, confermando le conclusioni delle sentenze precedenti. Lo riporta oggi il Messaggero dell’Umbria.
Il delitto si consumò in un casolare abbandonato, dove il bambino fu colpito con numerose coltellate. Dopo il gesto, la donna si recò in un supermercato e appoggiò il corpo del figlio sul banco della cassa, fingendo di essere stata aggredita da uno sconosciuto. Immediatamente fermata dai carabinieri, fu accusata di omicidio volontario aggravato su richiesta del pubblico ministero Manuela Comodi.
La donna, assistita dall’avvocato Luca Maori, ha cercato nel corso del processo di ottenere il riconoscimento del vizio totale di mente, ma tutti i gradi di giudizio hanno escluso questa ipotesi, ritenendola penalmente responsabile.
Secondo la difesa di parte civile, rappresentata da Massimiliano Scaringella, l’esito conferma che l’imputata era cosciente delle sue azioni: “La mostruosità del gesto – ha spiegato – ha portato il primo perito a ipotizzare un’incapacità totale. Non è stato facile contrastare questa linea, ma ci siamo riusciti”.
Il padre del bambino, Norbert Juhasz, al quale il tribunale ungherese aveva affidato il figlio, ha commentato: “Contento a metà. Mio figlio non c’è più. Ha ucciso Alex e non c’è giustificazione. Ora spero solo che, una volta uscita, non faccia del male ad altri”.
Secondo quanto disposto, Bradacs sconterà parte della pena – almeno tre anni – in una struttura psichiatrica, mentre il resto della condanna verrà scontato nel carcere di Capanne, dove si trova attualmente.
Il procedimento, ora concluso, ha stabilito una “verità processuale” che mette fine alla battaglia giudiziaria, ma non al dolore del padre, che aveva denunciato il rapimento del figlio da parte della madre mesi prima della tragedia.
Commenta per primo