
Investe ragazzino a Caserino, non chiama soccorsi, va via, c’è chi l’ha visto
CASERINO (Magione) – Ieri pomeriggio, lunedì, alle 17,20 circa, transitando da Magione in località Caserino in direzione Castel Rigone, poco dopo il bar all’incrocio, una persona inqualificabile mentre lo superava col suo mezzo da lavoro ha travolto mio figlio che era in bicicletta, agganciandogli il manubrio con la fiancata e facendolo cadere violentemente a terra.
Mio figlio ha riportato una frattura al gomito per cui è stato ingessato, lo stiramento dei tendini del piede per cui non può camminare, tanto dolore, un bicicletta distrutta e tanto spavento.
Dal Sole24Ore
PENALE – REATI STRADALI
L’omissione di soccorso in caso di sinistro stradale
Corte d’Appello di Firenze, sentenza nr. 579/12 del 20 febbraio 2012
Circolazione stradale – Sinistro – Violazione dell’obbligo di fermarsi e prestare soccorso – Circostanze del reato – Presupposti di punibilità.
(D.Lgs. 30.04.1992, n. 285, art. 189).
E’ imputabile per la contravvenzione di cui all’art. 189 del C.d.S., il soggetto che dopo aver cagionato un sinistro stradale si allontani in violazione dell’obbligo di fermarsi ed omettendo di prestare soccorso alle persone ferite, a prescindere che vi sia stato un effettivo urto fra i mezzi coinvolti.
La pronuncia della Corte di Appello di Firenze offre l’occasione per approfondire il tema delle responsabilità legate alla trasgressione degli obblighi imposti dal Codice della Strada per prevenire i danni ai quali determinati soggetti possono trovarsi esposti durante la circolazione.
Nel caso dell”omissione di soccorso’, presupposto necessario per il sorgere della responsabilità penale è che l’incidente stradale abbia causato “danno alle persone”, poiché laddove il sinistro abbia, invece, causato solo danni materiali l’inosservanza delle prescrizioni dell’ art. 189 C.d.S. vengono punite solo con sanzioni di natura amministrativa (che in tali ipotesi possono, peraltro, concorre con quelle penali).
L’obbligo fondamentale a carico dell”utente della strada’ (per tale s’intende il guidatore di un veicolo, a motore e non, ed anche il pedone il cui comportamento abbia contribuito al verificarsi dell’evento) è contenuto nel primo comma del citato articolo; esso impone all’utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona.
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La norma si riferisce ad un incidente “comunque” ricollegabile al comportamento dell’utente e, quindi, anche nel caso in cui manchi l’urto diretto. Questo è l’orientamento fatto proprio nella sentenza in esame dalla Corte fiorentina, la quale per l’appunto in occasione di un incidente in cui i mezzi non si sono “toccati” e dove era risultato come la moto coinvolta “avesse fatto tutto da sola”, i Giudici di Appello hanno ritenuto che, a prescindere da un effettivo urto, permanesse un obbligo in capo al conducente del veicolo di fermasi e prestare soccorso.
L’obbligo di “fermarsi” impone al soggetto di stare sul luogo del sinistro per il tempo necessario, non solo per prestare soccorso alla vittima, ma anche per mettersi a disposizione degli organi di polizia giudiziaria per i rilevamenti e per l’identificazione.
La norma, evidentemente, mira da impedire che, verificatosi un incidente stradale, i responsabili possano eludere le investigazioni o sottrarsi alle ricerche degli organi di polizia.
L’obbligo di fermarsi è personale e non appare adempiuto nel caso in cui il conducente si allontani lasciando sul posto una persona con l’incarico di fornire tutte le informazioni o lasci alla vittima del sinistro dati parziali come il numero di targa del veicolo. L’obbligo di “prestare assistenza”, incombente non solo sul conducente ma su tutti gli utenti della strada compresi i trasportati sull’auto dell’investitore, si sostanzia nel soccorso che appare necessario e adeguato in relazione alle particolari circostanze di tempo, di luogo e di persona. Esso presuppone l’effettività del bisogno della vittima dell’incidente e l’utente è tenuto ad assolverlo indipendentemente, dall’intervento di terzi e senza poter fare affidamento sull’invocato intervento della polizia o di altra autorità già allertate, almeno fino a quando non abbia conseguito la certezza dell’avvenuto soccorso ( Cass., Sez. IV, 07-02-2008, n. 8626 ).
Non è, però, necessario che si debba riscontrare l’esistenza di un effettivo danno alle persone, peraltro non accertabile immediatamente nella sua sussistenza e consistenza (Cass., Sez. IV, 12-11-2002 n. 3982), giacchè una diversa interpretazione che collegasse l’obbligo di fermarsi alla condotta da cui sia derivato un danno effettivo alle persone emergente ictu oculi e nella immediatezza dell’incidente (o meglio contestualmente al verificarsi del medesimo) limiterebbe, invero, l’ambito di operatività della fattispecie ai soli casi di macroscopica e immediata evidenza di lesioni o di morte.
Diversamente opinando, ogni volta che l’utente della strada dovesse omettere di fermarsi dopo che si è verificato un incidente stradale ricollegabile al suo comportamento, questi, precludendosi proprio a causa dell’omesso arresto del proprio veicolo, la possibilità di verificare de visu e nella immediatezza se dall’incidente siano derivati danni alle persone, non sarebbe sistematicamente (tranne che nei casi di verificazione di sinistri così gravi da rendere indubbia ed inequivocabile la causazione di lesioni o della morte a terzi) a conoscenza del fatto che è stato provocato un danno alle persone, sicchè il dato conoscitivo insito nel dolo del delitto de quo dovrebbe, illogicamente, essere escluso proprio a causa della inottemperanza a quell’obbligo di fermarsi che la norma impone ‘in caso di incidente con danno alle persone’ (Cass., Sez. IV, 03-06-2009, n. 34335 ; Sez. IV, 1 0-11-2004, n. 7615).
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È, infatti, ormai consolidato filone giurisprudenziale quello secondo cui il reato di omissione di soccorso è punibile solo a titolo di dolo, diversamente da quando accadeva sotto la vigenza del T.U. del 1959 ove la corrispondente figura criminosa aveva natura contravvenzionale ed era pertanto sufficiente, per la sua punibilità, la sussistenza quanto meno della colpa; il dolo deve investire non solo l’evento dell’incidente, ma anche il danno alle persone, che non costituisce una condizione di punibilità, sostanzialmente imputabile a titolo di responsabilità oggettiva, atteso che la sostituzione di una fattispecie dolosa ad una colposa sarebbe poco razionale laddove si ritenesse che la seconda è punita indipendentemente dalla consapevolezza da parte dell’agente di tutti gli elementi della stessa, e quindi anche delle conseguenze derivate dall’incidente stesso (Cass., Sez. IV, 08-11-2006, n. 41962 ).
Dunque, ogni componente del fatto tipico, segnatamente il danno alle persone, deve essere conosciuta e voluta e che il fatto è penalmente irrilevante allorchè sia effetto di negligenza, imperizia, inosservanza di norme o addirittura di mancata percezione o di mancata conoscenza della situazione di fatto che è alla base dell’obbligo stesso (Cass., Sez. IV, 30-01- 2001, White).
A questo si aggiunga che l’accertamento della sussistenza del dolo va compiuto in relazione al momento in cui il soggetto agente pone in essere la condotta e, quindi, alle circostanze concretamente rappresentate e percepite a quel momento, che siano univocamente indicative non soltanto di avere causato un incidente, ma anche di avere arrecato danno alle persone (Cass., Sez. IV, 25-10-2005, n. 4166; Sez. IV, 12-11-2002, Mancini).
Va, però, tenuto presente che la responsabilità a titolo di dolo può configurarsi anche nella forma del dolo eventuale ossia nel caso in cui l’evento non è stato dall’agente voluto come conseguenza diretta della sua condotta ma, avendolo previsto come probabile, ne ha accettato il rischio: abbia agito, cioè, a costo di determinarlo. Per l’ipotesi delittuosa in esame il dolo eventuale può verificarsi nell’ipotesi in cui il conducente rifiuti volontariamente di accertare la sussistenza dei elementi del fatto tipico accettando il rischio della loro esistenza (Cass. 10-01-2003, n. 8103 ).
La giurisprudenza ha, inoltre, precisato che i reati di matrice dolosa di “fuga” e di omissione di soccorso integrano distinte ipotesi di reato lesive di distinti beni giuridici che possono concorrere tra loro. In particolare, la norma di cui al sesto comma dell’art. 189 – il cui elemento materiale consiste nell’allontanarsi dell’agente dal luogo dell’investimento così da impedire o comunque, ostacolare l’accertamento della propria identità personale e l’individuazione del veicolo investitore – ha la finalità di assicurare la possibilità di individuazione del soggetto agente e dei dati identificativi del veicolo investitore, mentre la disposizione contenuta al settimo comma del suddetto articolo è posta a tutela delle persone investite nel sinistro, le quali abbiano riportato danni fisici (o la morte) in conseguenza del sinistro medesimo. Nel reato di fuga, perlatro, il dolo deve investire la sola inosservanza dell’obbligo di fermarsi in relazione all’evento dell’incidente stradale – riconducibile al comportamento dell’agente ed in concreto idoneo a produrre eventi lesivi – e non anche la constatazione dell’esistenza di un danno effettivo alle persone che vi risultino coinvolte ( Cass., Sez. VI, n. 21414/2010 ) .
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