Nel primo pomeriggio di ieri 4 novembre i militari della Stazione di Magione, intorno alle 12.00, nel corso di un normale servizio perlustrativo, notata un’autovettura parcheggiata quasi in mezzo alla strada e non riuscendo ad individuarne immediatamente il conducente, erano entrati all’interno di un vicino ristorante, dove avevano chiesto chi fosse il proprietario del veicolo, in sosta di fronte al locale.
Dopo varie insistenze, si era fatta avanti una donna straniera, che, insieme ad altre tre stava consumando un frugale pasto. Alla richiesta di identificarsi e di esibire validi documenti d’identità, le donne inizialmente avevano protestato, ma successivamente si erano decise a declinare le proprie identità ed a mostrare dei documenti, che facevano però insorgere nella pattuglia il sospetto che fossero falsi.
Le donne, quindi, erano state accompagnate presso gli uffici della Compagnia di Città della Pieve, dove, a seguito di più approfondite verifiche, era emerso che si erano cosparse i palmi e le dita delle mani con una sostanza collosa, allo scopo di sottrarsi all’identificazione, mediante la rilevazione delle impronte digitali. Eliminata la colla, il personale addetto ai rilievi era finalmente riuscito a procedere all’acquisizione delle impronte, così scoprendo che tre di loro, oltre ad essere conosciute con uno svariato numero di alias, erano anche gravate da numerosi precedenti penali, soprattutto in materia di reati contro il patrimonio.
Conseguentemente, C. S. 51enne, K. M. 40enne e H. P. 33enne, originarie dei Paesi Bassi e S. S. rumena 31enne, tutte nullafacenti ed in Italia domiciliate presso un campo nomadi a Roma, erano state dichiarate in arresto per aver fornito false dichiarazioni circa la propria identità ed aver fraudolentemente alterato parti del proprio corpo al fine di impedire l’identificazione.
Le arrestate, in attesa del processo per direttissima che si celebrerà nella mattinata odierna, sono state tutte trattenute presso le camere di sicurezza di questa Compagnia e di quella di Perugia, tranne H. P., che, invece, è stata trasferita, agli arresti domiciliari, presso una casa famiglia, poiché aveva con se il proprio figlio, asseritamente di neanche un mese di età.
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